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Sicily tour, le meraviglie della nostra terra: Savoca

2020-06-20 06:00

Arcoria Antonio

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Sicily tour, le meraviglie della nostra terra: Savoca

Eccoci nuovamente con un altro approfondimento della nostra rubrica Sicily Tour, le meraviglie della nostra terra. Oggi parleremo di un caratteristico

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Eccoci nuovamente con un altro approfondimento della nostra rubrica Sicily Tour, le meraviglie della nostra terra. Oggi parleremo di un caratteristico, suggestivo ed emozionante borgo in provincia di Messina: Savoca.


Arroccata sopra un colle sul litorale ionico, Savoca è un borgo - inserito nel circuito de I borghi più belli d'Italia - che conserva nel proprio territorio vestigia di origine medievale, rinascimentale e barocca.



Attualmente conta meno di duemila anime, ed è certamente un luogo incantato che conserva tantissimi luoghi degni di interesse.


All’interno delle vie del paese si percepisce ancora l’aura della storia millenaria che ha vissuto il borgo.


Ridimensionata a piccola frazione, durante il periodo fascista, da Mussolini ha avuto invece un ruolo chiave e centrale nel Mediterraneo nei secoli passati.


Il centro storico di Savoca sembra non aver sofferto l’evoluzione della modernità e l’abominevole boom edilizio dei decenni passati.


Volendo visitare il borgo, partendo da Piazza Fossìa, si attraversano i silenziosi e misteriosi vicoli raggiungiamo l’antico quartiere San Michele, contraddistinto da un arco di accesso in pietra originariamente dotato di una porta che in epoca medievale veniva aperta all’alba e chiusa al tramonto.


Qui si trovano: il museo etno-antropologico; la chiesa di San Michele caratterizzata all’interno da preziosi affreschi e stucchi settecenteschi e dato che in passato Savoca godeva di una comunità ebraica di circa duecento persone, le rovine della Sinagoga.


Dal punto di vista gastronomico, il prodotto tipico di Savoca è il pane cunzatu, pane condito con olio d’oliva, peperoncino e origano, spesso arricchito da gustosi sott’oli.


Vi suggerisco di provare anche la granita al limone servita con la zuccarata, un biscotto locale, piuttosto che con la nostra catanesissima tradizionale brioche con il “tuppo”.


Proseguendo nel nostro tour virtuale, troviamo il quartiere Pentefur, dominato dalle rovine dell’omonimo castello.


Da sottolineare e attenzionare, il quartiere San Giovanni, in cui troviamo sporadiche abitazioni risalenti all’epoca medievale e la Chiesa Madre.


Nei suoi sotterranei si tramanda che venissero mummificati i cadaveri degli ecclesiastici e degli aristocratici del luogo.


Il procedimento durava sessanta giorni e iniziava nella cripta del Convento dei Cappuccini, dove il corpo del defunto era immerso per due giorni in una soluzione di sale e aceto, per poi passare nella cripta della Chiesa Madre, più esposta alle correnti d’aria, dove avveniva l’essiccazione naturale.


L’ultima fase consisteva nel rivestire la mummia con gli abiti dell’epoca e trasferirla nuovamente nella cripta del Convento.


Una delle curiosità su questo splendido borgo è che il suo nome deriva dalla traduzione siciliana del Sambuco. La pianta di sambuco è utilizzata tutt’oggi per la produzione di liquori e distillati.


Una delle ragioni che ha aumentato la popolarità di Savoca nel mondo è che qui, il regista Francis Ford Coppola ha girato alcune scene del film “Il Padrino”.


Le scene che nel film sono state ambientate a Corleone furono in realtà girate nei borghi messinesi di Savoca e Forza d’Agrò.


Coppola, avrebbe scelto proprio i due centri della Valle d’Agrò per ambientare le scene del suo film su indicazione del barone Gianni Pennisi, durante il soggiorno a Taormina nel 1971.


Il barone Pennisi, affermato pittore, che godeva di grande stima negli ambienti cinematografici e di rapporti di amicizia con attori e registi, segnalò a Coppola i caratteristici borghi di Savoca e Forza d’Agrò in quanto per le loro caratteristiche storico e ambientali si prestavano molto più del paese di Corleone ad immortalare il capolavoro di Coppola.


Inoltre, per esigenze di copione, l’antico Palazzo Trimarchi venne adibito a “Bar Vitelli”, divenuto nel tempo una delle maggiori attrazioni turistiche per Savoca e meta di numerosissimi visitatori appassionati della trilogia.


È infatti tradizione, per gli appassionati del genere, scattare una foto di gruppo sotto l’insegna del Bar, situato in Piazza Fossìa, che ospita tra l’altro un monumento dedicato al regista italo-americano.


Che “Il Padrino” abbia contribuito allo sviluppo turistico di Savoca è innegabile. Che si sia creato un business su questo è più che logico.


Ciò che proprio non riesco a tollerare è il fatto che si vada a Savoca solo ed esclusivamente per “ammirare i luoghi della mafia”.


La trasposizione cinematografica dell’ascesa dell’impero criminale dei Corleone, ha dato origine a un vero e proprio “mito” nel mondo, quello del siciliano mafioso e criminale.


Considerando la popolarità della saga de Il Padrino, non è difficile capire perché ancora oggi un turista conservi un’immagine stereotipata del siciliano, dipinto come un gangster con l’abito scuro, l’accento marcato e una spietatezza da far accapponare la pelle.


Ma i siciliani sono molto di più di tutto questo: tra loro esistono persone che hanno perso la vita per combattere la mafia o che la rischiano ogni giorno per garantire la sicurezza su tutto il territorio, esercenti onesti e gente che lavora per costruire una Sicilia migliore nonostante i vari problemi burocratici e sociali che nei secoli non hanno mai abbandonato l’isola.


Di loro, purtroppo, non si parla molto all’estero, dove si preferisce associare la Sicilia e la sua popolazione a quel celebre personaggio e ai clan mafiosi del noto quartiere newyorkese di “Little Italy”, protagonisti di serie e film.



Concludo quest’ultima parte dell’approfondimento su Savoca con una celebre frase di Guy de Maupassant che rispecchia a pieno la mia visione del perché e per cosa la Sicilia debba essere conosciuta e ricordata nel mondo.