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Silvia: "Quanto ci è costata?"

2020-05-15 05:00

Arcoria Antonio

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Silvia: "Quanto ci è costata?"

“Quanto ci è costata”? Questa è solo una delle ultime stupide frasi che, negli ultimi giorni, gli odiatori seriali del web continuano a ripete

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“Quanto ci è costata”? 

Questa è solo una delle ultime stupide frasi che, negli ultimi giorni, gli odiatori seriali del web continuano a ripetere, a pappagallo, a seguito della “polemica” sorta dopo la liberazione della volontaria Silvia Romano. 

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Oggi non parlerò di Silvia, anche perché la vicenda è stata già trattata egregiamente dalla collega Sara Obici, in un precedente articolo. Oggi vi parlerò dell’odio. Silvia Romano è solo il capro espiatorio del momento. Gli stessi che oggi si chiedono quanto sia “costata” la liberazione di una giovane ragazza sono gli stessi che qualche tempo fa gridavano ai “trentacinque euro” dati ai migranti. Sono gli stessi che gridavano “aiutiamoli a casa loro”.  Sono gli stessi che chiamavano “Gretina” una giovane attivista che, supportata dalla comunità scientifica, ammoniva l’umanità sulla direzione, sbagliata, verso la quale si dirige. Oggi, a sviscerare tutta la rabbia, la frustrazione, le delusioni e l’insoddisfazione di una parte degli italiani è una giovane ragazza poco più che ventenne. Perché è logico che “ci vuole sempre qualcuno da odiare per essere giustificati nella propria miseria” volendo citare Umberto Eco. 

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Ma in realtà, del fantomatico riscatto pagato dal governo italiano a loro poco importa. Il loro problema è che Silvia personifica tutti i limiti mentali che hanno Silvia è tutto ciò che loro odiano e temono. E fa male ritrovarseli sbattuti in faccia. Silvia personifica l’islamofobia dei bigotti. Perché forse non a tutti è chiaro che viviamo in uno stato laico, dove non vi è, per fortuna, alcuna religione di stato. Non le perdoneranno mai di essere scesa dall’aereo con un vestito islamico, semplicemente perché la realtà non corrispondeva alla favoletta dell’ingenua ragazzotta italiana rapita dai “decapitatori islamici”. Ed ecco che, chiaramente, le è stato fatto il "lavaggio del cervello". 

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In più Silvia ha l’enorme “sfortuna” di essere donna. In un paese spesso sessista e dalla mentalità patriarcale. Non tutti sanno che, nell’ultimo, anno sono stati liberati altri tre italiani finiti nelle mani delle bande jihadiste. Nessuno di loro ha causato polemica e scalpore quanto Silvia. In realtà, a Silvia, non verrà mai perdonato il fatto che sia partita, due anni fa, per aiutare bambini che muoiono ancora di fame e vivono in condizioni totalmente differenti dalla nostra, piuttosto che aiutare i bambini dell’oratorio sotto casa per placare la sua “fame di altruismo da crocerossina”.  Questo io l’ho vissuto a mie spese, perché avendo lavorato per tre anni con i minori migranti, per alcuni, sono ancora “Lo stronzo che aiuta i neri muscolosi e palestrati pagato dal PD” nonostante abbia cominciato a far volontariato per i ragazzini disagiati quando avevo 16 anni. 

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A Silvia non perdoneranno mai di credere ancora nel cambiamento dell’umanità e il voler lottare per i propri ideali. Non le perdoneranno mai il suo splendido sorriso, sbattuto in faccia agli odiatori che possibilmente avrebbero voluto vederla provata e coi segni della prigionia. Perché è di questo che si tratta. Silvia è tornata a casa felice e cambiata, quindi è chiaramente una “messinscena”. Ed ecco che, all’improvviso, questa giovane ragazza, in un solo colpo, con un sorriso radioso e splendente, rovescia secoli di perbenismo, maschilismo e patriarcato. Uno schiaffo in faccia a ideali fin troppo conservatori e reazionari Silvia ha combattuto l’odio con un sorriso. Ed è così che vanno combattuti i “leoni da tastiera”, non con l’indifferenza, ma con il sorriso e con la cultura, la più potente delle armi.  In questo non posso che essere d’accordo con le parole di Enrico Mentana che ha risposto a tutti gli haters che in questi giorni si chiedevano se l’Italia avesse potuto investire meglio il denaro del presunto riscatto con un “Certamente, istruire voi per esempio. D’altronde gli odiatori da tastiera, delle qualità dei “leoni” hanno ben poco. Preferisco definirli “chihuahua” volendo prendere in prestito il termine dall’amico Simone Dei Pieri, che nel suo libro, La sindrome del Chihuahua ne riporta una splendida definizione: Perché è solo questo ciò che riescono a fare, abbaiare. Oggi contro Silvia, domani contro un nuovo fantomatico “nemico” che distoglierà, nuovamente, l’attenzione dalle vere necessità della nostra società.