di Riccardo Leotta e Giuseppe Milazzo Il 20 febbraio scorso, il ha avuto il piacere di aderire alla proposta di di visitare le strade di San Berillo al seguito di un di nome .L’esperienza ci è stata presenta con il nome di . Si tratta di un progetto che si svolge ormai da dieci anni circa in molte città italiane ed europee, una forma di , che vede come protagonisti concittadini provenienti anche da mondi lontani.L’appuntamento era in piazza Giovanni Falcone, davanti all’ingresso della Chiesa del Crocifisso della Buona Morte, dove siamo stati accolti da Il simpatico sacerdote, che svolge attività di parroco presso il da ben 48 anni, ci ha subito introdotti nel cuore del quartiere spiegandoci la complessità della realtà multietnica che lo abita. Da quello che ci ha raccontato del modo in cui la sua parrocchia abbia accolto le prime ondate di migranti senegalesi e di come abbia ritenuto utile cedere parte dei propri locali alla comunità rumena ortodossa, abbiamo capito che la sua presenza nel quartiere rappresenta un punto di riferimento irrinunciabile per le tante anime di questa parte di città così centrale e allo stesso tempo marginale, per via delle tante e varie forme di disagio sociale e degrado che presenta.Il nostro tour ha proseguito sotto la guida competente di Samba.Prima tappa l’ , un negozio senegalese, dove abbiamo potuto esplorare i gusti e le mode delle africane che vivono in Italia, interrogandoci su quanto le influenze interculturali incidano sulle vite private. Ci siamo anche divertiti a sentire Samba raccontarci del DJEMBE, tipico strumento musicale della sua terra natale usato originariamente per comunicare a distanza in caso di necessità.Seconda tappa: Al centro del quartiere, con l’ingresso sulla monumentale piazza Cutelli, la moschea è ospitata in un edificio che racchiude in sé tutta la religiosità dei suoi fedeli. Appena dentro ci siamo dovuti togliere le scarpe e le ragazze hanno dovuto coprire il capo col velo.Samba ci ha fatto accomodare nella sala centrale, adibita alla preghiera, e lì, seduti sull’enorme ed elaborato tappeto, i cui decori sono rigorosamente orientati in direzione della Mecca, ci ha illustrato le regole della preghiera e gli orari in cui essa va praticata, secondo i precetti della fede islamica.Visitando i diversi piani dell’edificio, riservati agli uomini o alle donne e ai bambini, abbiamo potuto ammirare la bellezza artistica e la spiritualità di quel luogo di preghiera, sulle cui pareti tra gli arabeschi sono tracciati i 99 nomi di Allah.Usciti dalla moschea ci siamo addentrati ancor più all’interno del quartiere potendo ammirare palazzi storici, alcuni caratterizzati dalla presenza di pareti oblique, tipico segno di costruzione adiacente alle mura perimetrali della Catania cinquecentesca.Samba ci ha poi mostrato l’ingresso della Chiesa greco ortodossa di piazza Santo Spirito e da lì in lontananza le strade del mercato storico , che da qualche anno è un pot-pourri di merci e profumi provenienti da tutto il mondo, essendo molti dei mercanti ambulanti di origini straniere.Continuando ad esplorare ci siamo imbattuti in un murales alquanto particolare: ritraeva il vescovo di Catania che ha dato nome al quartiere, San Berillo, il quale non era originario della città ma di origini turche. Il suo volto si trova sulla facciata di una casa mezza diroccata al confine tra la parte del quartiere che negli anni Cinquanta è stata riqualificata e la parte a tutt’oggi del tutto abbandonata.È proprio davanti al ritratto di San Berillo che si percepisce con maggiore chiarezza il dramma dello che il quartiere ha subito.Da una parte ci sono i grattaceli di Corso Sicilia che ospitano alberghi lussuosi e sedi di importanti banche e uffici finanziari, la city moderna; dall’altra, proprio alle spalle dell’hotel a quattro stelle Romano House, ci sono i vicoli più interni del quartiere con case basse in semi abbandono, dove esercitano la loro professione prostitute e spacciatori e dove i bassi affitti spingono famiglie di migranti ad alloggiare.Tra questi vicoli, in , si trova la , ultima tappa del nostro tour. Qui Samba, che studia per diventare barman, ci ha offerto un drink senegalese a base di latte e yogurt, e tra un sorso e l’altro abbiamo tirato le somme dell’esperienza condivisa.Quello che ci va di sottolineare è l’incredibile bellezza prodotta dalla convivenza multietnica presente all’interno del quartiere, che ci ha permesso di capire come cambia il volto di una città per conseguenza dell’immigrazione.Quest’esperienza è stata davvero importante per noi giovani, vittime troppo spesso della cattiva informazione su un tema come l’immigrazione, così antico e allo stesso tempo contemporaneo, sul quale si generano odi insensati e paure ingiustificate, dettate prevalentemente dall’ignoranza nei confronti delle nostre stesse strade cittadine. [gallery ids="19181,19180,19192,19189,19188,19187,19191,19190"]
Mediterraneo in miniatura
Trame di quartiere
cittadino senegalese
Samba
Migrantour
turismo responsabile a kilometro zero
padre Giuseppe Gliozzo.
Crocifisso
African cosmetics
la moschea.
A Fera o lune
sventramento
via Pistone
sede di Trame di quartiere