
Oggi vogliamo raccontare una storia, una di quelle senza lieto fine, che lascia l’amaro in bocca. Una storia che Bonni Cohen e Jon Shenk hanno trasformato in un film, prodotto e distribuito da Netflix e al quale si è aggiunto un ultimo, tragico capitolo. Una storia con un nome, un cognome e un volto triste: quello di Daisy Coleman.L’anno è il 2012 e lo scenario è il Montana, tra le grandi montagne che brillano e le miniere di carbone. Quando questa brutta storia ha inizio Daisy Coleman ha soltanto quattordici anni e si trova ad una festa a Maryville, una di quelle che si vedono nei film: organizzata in una grande casa, con bella musica, divertimento e bella gente. Bella gente, già. Doveva pensarlo anche Daisy, prima di venire violentata selvaggiamente da un fantasma che ancora oggi è rimasto senza un nome.Ma la vergogna, il senso di colpa e la paura provati da Daisy non erano abbastanza per la gente e le molestie continuarono: sulla rete, a scuola, per strada, ovunque.Daisy c’ha provato ad andare avanti, a lasciarsi tutto alle spalle, a dimenticare di aver vissuto un incubo ad occhi aperti. Si è iscritta al Missouri Valley College e lì ha deciso di fare qualcosa per chi, come lei, non sapeva più come fare a sognare. Fondò la SafeBAE, un’associazione nata con l’intento di combattere le violenze sessuali tra i ragazzi delle scuole medie e delle superiori e di aiutare le vittime a gestire i traumi che questi eventi si portano appresso.Ma dentro di sé, nel profondo del suo cuore, Daisy Coleman non era mai riuscita a vincere la propria battaglia e ha deciso di darla vinta ai suoi aguzzini, ai suoi schernitori, al mondo e alla sua crudeltà: ieri Daisy si è tolta la vita, lasciando solo un frastuono silenzioso dietro di sé.Abbiamo parlato di come la depressione attacchi i più giovani, spesso senza apparenti motivi esterni, ma quando il motivo è il mondo, quando l’unico sentimento che si riesce a provare è il terrore di vivere, allora ci ricordiamo di quanta cattiveria ci circonda e in quanto marcio sguazziamo ogni giorno senza rendercene conto. Daisy è morta, i suoi assassini sono ancora là fuori e noi, spettatori, prendiamo sempre più coscienza di quanto i lieti fine siano un privilegio delle favole.