
Ormai praticamente tutti conosciamo la storia di Patrick George Zaky, il ragazzo egiziano, studente nell'ateneo universitario di Bologna, arrestato in quanto presunto "dissidente del regime di Al-Sisi" lo scorso 7 febbraio all'aereoporto del Cairo. Ecco, anche solo a rileggerle, ci si rende conto che queste informazioni "introduttive" potrebbero risultare superflue per molti di noi. Ma purtroppo, nonostate il grande lavoro di chi, ogni giorno, si batte per la sua causa e per spargere quanto più possibile la voce, la situazione di Patrick non è ancora cambiata. A riprova che, evidentemente, ancora vi è la necessità di colpire nel segno chi di dovere, a suon di verità e articoli. Ma bisogna sbrigarsi, perchè si ha la certezza [fonte Amnesty International] che in questa sorta di "custodia cautalare", che dura ormai da due settimane, Patrick venga anche torturato. "Ci sono molti eventi e manifestazioni alle quali è possibile partecipare. Lunedì il corteo è stato molto sentito da tutti. Il sindaco, il rettore, ma anche tanti studenti e cittadini di bologna - non per forza universitari - hanno dimostrato il loro supporto a Patrick". "Adesso ci sarà un evento previsto per venerdì mattina alle 11 in piazza Verdi a Bologna. Ci saranno delle letture relative ai diritti dell'uomo, e vari interventi di docenti e professori. Ma più in generale vedo che stanno nascendo tante iniziative, anche spontanee, non direttamente organizzate dal consiglio degli studenti o dall'Università." "Noi, dal Senato Accademico di Bologna, abbiamo lanciato un appello ad altre Università non solo italiane, ma anche Europee, sollecitandole a manifestare e a farsi sentire. In particolare le Università che aderiscono al che è il master che sta seguendo Patrick - hanno colto l'iniziativa.E allora ben venga ripetersi in qualche articolo. Ma nella pratica, cosa si può fare davvero per aiutare Patrick? Come ognuno di noi può cercare di sostenerlo? Lo abbiamo chiesto ad Anna Zanoli, presidentessa del Consiglio degli Studenti dell'Università di Bologna, tra i promotori del corteo di solidarietà che ha avuto luogo lunedì scorso.
Come vi state muovendo, come ateneo, per sostenere Patrick?
"Progetto Gemma" -

La mozione del nostro Senato Accademico è stata inoltre ricondivisa dal Politecnico di Torino, e da altri atenei Italiani. Questo è importante perchè garantisce, almeno a livello formale, la presa di posizione di queste prestigiose Università. Questo è utile perchè contribuisce ad aumentare la pressione internazionale""L'importante è che non cali l'attenzione sul caso e che si continui a parlarne. Attendiamo l'udienza di venerdì 22, ma temiamo che possa esserci un ulteriore rinvio, che sulla carta potrebbe andare avanti anche per molto tempo. Difatti nella dittatura Egiziana non c'è una legge che vieti di poter posticipare quasi indiscriminatamente questo periodo di custodia cautelare". "Sicuramente la pressione internazionale. Se da moltissime nazioni e istituzioni dovesse arrivare il supporto qualcosa si potrebbe fare, e l'Egitto potrebbe rivedere la sua posizione. Ma non è così semplice.""Non stiamo infatti parlando di una democrazia, che ha tutto l'interesse a salvaguardare il bene dei suoi cittadini e i rapporti con l'estero, ma stiamo parlando della dittatura di Al-Sisi che tutti conosciamo". "Premetto che questo non è il mio campo, e posso solo valutare dall'esterno come chiunque altro. Sicuramente la situazione diplomatica è molto delicata. La risposta da parte del Governo c'è stata, ma immagino che a livello diplomatico non sia semplice interfacciarsi con l'Egitto.E' chiaro che una posizione più decisa potrebbe portare a dei risultati in tempi più brevi, però d'altra parte magari non è praticabile e c'è sempre il rischio che ciò possa peggiorare le cose, per Patrick e per i rapporti tra le nazioni.E per bloccare questo meccanismo di "riinvio", quale potrebbe essere la chiave di volta secondo te?
Pensi che il governo italiano stia facendo il possibile?
Ognuno di noi, nel concreto, cosa potrebbe fare per contribuire alla causa di Patrick?

"Nel concreto ogni persona dovrebbe, anche "nel suo piccolo", condividere sui social articoli attendibili e notizie verificate sulla vicenda di Patrick. In questo modo l'attenzione internazionale rimarrebbe sempre alta, perchè il rischio è che se un bel giorno si smette di parlarne possa finire tutto in una nuvola di fumo, come purtroppo è già successo altre volte."Questo potrebbe dare un pretesto al Governo Egiziano, che non si troverebbe più i riflettori internazionali puntati addosso, per far prendere alla situazione un finale drastico e drammatico. Che sicuramente non vogliamo".