
Un ragazzo studia tematiche molto "distanti" dalla mentalità impertante del regime egiziano di al-Sisi, non appena possibile viene "preso in custodia" dalle forze dell'ordine di quel paese, e interrogato in maniera brutale. Vi sembra di aver già sentito questa storia? Non è un Dejavù, è quello che è successo a Giulio Regeni - con l'epilogo che tutti purtroppo conosciamo; e anche quello che sta accadendo proprio in questo momento a Patrick George Zaky. Dati i preoccupanti presupposti, è proprio il caso di puntare i riflettori su questa vicenda, con la speranza che non si arrivi alla stessa conclusione. E quindi, quali sono i fatti? Patrick è un ragazzo egiziano di 27 anni, che però sta studiando a Bologna, dove da settembre ha iniziato un master internazionale in Studi di Genere all'Università di Bologna. E' inoltre un attivista per i diritti umani e un ricercatore per conto dell'Eipr [Egyptian Initiative for Personal Rights]. Qualche giorno fa, per la prima volta dall'agosto del 2019, era ritornato a casa in Egitto per far visita alla famiglia. Quello che però non sapeva era che il suo paese lo stava "tenendo d'occhio" già da tempo, e stava solo aspettando il suo ritorno per poterlo arrestare. Difatti, appena messo piede in Aereoporto, nella mattinata di giorno 7 febbraio, le forze di polizia lo hanno immediatamente preso in custodia, presentandogli un mandato emesso nel settembre del 2019. Secondo quanto dichiarato dai suoi legali però questo documento "è un rapporto di polizia che afferma falsamente che era stato arrestato ad un posto di blocco a Mansoura nel settembre 2019". Ma Patrick non poteva essere lì, perchè, come abbiamo ribadito prima e come effettivamente confermato dai legali "è partito per l'Italia ad Agosto del 2019 e non era più ritornato". Quindi sembrano già esserci numerose incongruenze, simili per certi versi a quelle emerse nel caso di Giulio Regeni. Ma quali sono le accuse che vengono mosse a Patrick? I capi di imputazione sono cinque, e vanno da "diffusione di false informazioni per minare la stabilità nazionale” e “incitamento a manifestazione senza permesso”, oltre a “tentativo di rovesciare il regime, uso dei social media per danneggiare la sicurezza nazionale, propaganda per i gruppi terroristici e uso della violenza”. E, secondo l'Eipr: "[...] questi sono proprio i tipici capi di imputazione che vengono attribuiti agli attivisti e agli oppositori del regime per cercare di limitarli. Patrick è stato picchiato, sottoposto a elettroshock, minacciato e interrogato in merito al suo lavoro e al suo attivismo. I legali ci hanno assicurato che sul corpo mostra segni visibili delle violenze". Quel che è peggio, alla luce di queste terribili notizie, è che Patrick ha ancora davanti a sè più di 10 giorni di questa "custodia cautelare". Anche Amnesty International è venuta a conoscenza della vicenda, invita tutti a tenere alto il livello di attenzione, perché Patrick George rischia davvero la vita. Puntiamo i riflettori sul caso e facciamo il possibile per mettere pressioni.
Lo dobbiamo alla memoria di Giulio