Se n’è parlato poco di Samuel Paty, professore francese di 47 anni, decapitato per aver fatto una lezione sulla libertà di espressione. Non era la prima lezione che il prof. Paty faceva sulla Repubblica ai suoi alunni di scuola media, partendo proprio dalla parola “libertè”. Durante questa lezione mostrava, tra le altre, le tanto discusse immagini di Charlie Hebdo su Maometto e, sapendo di poter urtare la sensibilità di alcuni studenti di religione musulmana, lasciava libertà (appunto) di partecipare o meno alla lezione. Nessuno ha mai fatto storie, né è uscito dall’aula. Famiglie e allievi di qualsiasi credo religioso erano entusiasti di questo professore gentile e rispettoso, che spiegava educazione civica con empatia e serietà. Stessa lezione, stesse immagini, stessa premessa.Fino a quest’anno.
Un’alunna torna a casa e , che prende la palla al balzo e , sostenendo che il professore avesse obbligato i musulmani a lasciare l’aula, Alle segue una , alla denuncia seguono le .
racconta la lezione a suo padre
monta una polemica sui social
rivendicando ingiustizie laddove non ce n’erano e blasfemie laddove si stava insegnando il rispetto per le opinioni altrui.
accuse
denuncia
minacceFino al giorno in cui, all’uscita da scuola, il professore viene aggredito da un fondamentalista appena maggiorenne e decapitato di fronte ai suoi studenti.
Se n’è parlato poco, ma ci sarebbe tanto da riflettere.
Sulla .Sul ruolo degli .Sull’ .Sulle e le sempre più abbondanti sui social.
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