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"La cultura non è d'élite": intervista a Simone Dei Pieri, direttore del Catania Book Festival

2020-09-02 05:00

Paolo Francesco Reitano

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"La cultura non è d'élite": intervista a Simone Dei Pieri, direttore del Catania Book Festival

Uno dei settori indubbiamente più colpiti a causa della pandemia, purtroppo, è la cultura. Le saracinesche abbassate di cinema e teatri, le luci spe

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Uno dei settori indubbiamente più colpiti a causa della pandemia, purtroppo, è la cultura. Le saracinesche abbassate di cinema e teatri, le luci spente sul palcoscenico, i corridoi vuoti delle librerie e biblioteche hanno segnato inesorabilmente un periodo nero per le arti, che oggi vivono una drammatica condizione economica.


Nonostante questo, c'è chi non ha alcuna intenzione di darsi per vinto, perché c'è ancora tanto bisogno di cultura, di condivisione, di incontro.


Il Catania Book Festival è alle porte, e con il lavoro costante di tanti, prenderà forma e vita l'8, 9, 10 ottobre presso l'Istituto Ardizzone Gioeni, sito in via Etna 595 a Catania, e con un incontro conclusivo previsto per l'11 ottobre in live streaming.


Abbiamo intervistato Simone Dei Pieri, giurista prestato alla comunicazione, Direttore ed ideatore del Festival, Vice Presidente di Confassociazioni per il Sud Italia e, inoltre, redattore per il gruppo Sud.


  • Hai ideato questo Festival, hai scritto dei libri e scrivi davvero di qualsiasi cosa: potrebbe apparire una domanda di rito, ma com'è nato il tuo rapporto con la letteratura? 
"Il mio rapporto con la letteratura risale alla giovanissima età, perché da bambino amavo tantissimo leggere fumetti: mio padre, grande lavoratore, ha sempre lasciato in giro per casa i fumetti di Topolino, come le briciole di pane di Hansel e Gretel, li sparpagliava per casa. In quanto bambino di appena 4 anni, ero particolarmente curioso: cercavo, sfogliandoli, di familiarizzare con le storie, cercavo di capire qualcosa. L'impostazione di Topolino, oltretutto, meravigliosa, ti cattura: vedere questi personaggi che comunicano tramite la nuvoletta era qualcosa di magico e, arrabbiato perché incapace di capire, chiedevo a mia madre di leggere le storie per me. E' stata lei stessa, con amore ed infinita pazienza, a provare ad insegnarmi a leggere prima del tempo, e verso i 4 o 5 anni ero già ero in grado di leggere. Ero un grande appassionato di "Piccoli Brividi", di Harry Potter e tanto altro. Poi, iniziando a scrivere, mi sono interrogato sul valore delle parole, del loro messaggio, qualcosa di potentissimo che potrebbe portare infiniti guai e che potrebbe, comunque, dare infinite possibilità e inimmaginabili chance. Nessun elemento ha in sé questa potenza."
  • Com'è nata l'idea del Festival? Che cosa ha di diverso il Book Festival rispetto a tante altre iniziative? 
"L'idea del Book Festival è nata dopo una notte insonne: era chiaro, almeno per me, che mancasse qualcosa. Non ho la presunzione di dire cosa abbiamo in più, posso dire di cosa c'è bisogno: c'è bisogno di iniziative di altissima qualità, che Catania spesso sforna, perché è sempre un laboratorio, a livello anche nazionale, di idee e di risorse.Abbiamo bisogno di un momento di confronto che riguardi tutti.Tu sei un giornalista: i pubblicisti sono "i soldati che prendono le medaglie sul campo." Da giornalista, quante volte ti è capitato di sentire, detto da altri, "questo libro non è letteratura", "questo non è cultura"?Un esempio? Il libro di Giulia De Lellis, massacrato dalla critica. Non voglio entrare nel merito del libro, ma il mio dubbio è: quando si da addosso alla De Lellis, lei "se ne frega", e la motivazione qual è?La motivazione è che viene definita, da una certa nicchia, "stupida": quindi, si parte da questo presupposto. Qualcuno ha cercato di parlare con la De Lellis? Non sia mai. Come viene giudicata, d'altronde, la Ferragni come superficiale perché si occupa di moda.Il problema sta nel creare un divario tra una cultura definita di serie A e una "sub-cultura", o presunta tale, di serie B. Tutti si sentono, quindi, pur avendo magari una cultura pari a zero, in diritto di giudicare qualsiasi opera, fatto o iniziativa. Questo non crea un problema diretto, ad esempio, alla De Lellis, ma a tutti coloro che, per reale interesse, la segue. E questo inibisce il giovane. Se ci valutassimo per quello che leggevamo a 10 anni, figurarsi! Nessuno di noi teneva in comodino un volume di fisica o di economia politica. La lettura è qualcosa di molto intimo e dovremmo stare molto attenti a giudicarla, ad insultare gli altri, ad attaccare a gamba tesa dei ragazzi in età in via di sviluppo accusandoli perché non hanno ancora letto Dostoevskij.Il problema è che in Italia, spesso, viene oscurata la chiave di lettura, di azione positiva, dei librai. Il libraio ti consiglia, non ti giudica, non mortifica i gusti degli altri: magari, cerca di indirizzare. Perché non c'è bisogno di insultare gli autori e i libri usciti nel 2020 per valorizzare i grandi classici o per orientarti verso certe direzioni.
  • E, quindi, cos'è "cultura"? E come la propone il vostro Festival?
"Non saprei mai e poi mai risponderti. Però posso dirti che per me è scorretto trattare da "cretini" i giovani, i lettori che leggono X e non Y. E' l'autogol più grosso che abbia potuto fare tutta la nicchia culturale italiana negli ultimi vent'anni. Un po' come gli insulti alla Ferragni per la promo agli Uffizi: annoverata come di serie B, ha portato un incremento ai musei e al turismo fiorentino e toscano. Dobbiamo guardare gli effetti, talvolta, per cogliere le esternalità positive reali, non solo certi commenti da quattro soldi fatti per rubare audience. Nel nostro Festival, nel nostro piccolo, cerchiamo di non creare questo divario, perché uccide la cultura.Il Festival è etimologicamente un momento di festa, di incontro. L'incontro di idee, di visioni, di esperienze: al tavolo dobbiamo invitare anche chi non ha quello sguardo accademico sull'arte. Lo diceva Camilleri: la cultura deve essere disseminata, non deve appartenere ad un élite: "chi coltiva il sapere, non è mai solo".
  • Quale forma d'arte viene danneggiata, più di altre, a Catania? 
"La musica: sorella della letteratura, tra tutte le arti. Penso alla musica perché abbiamo tantissimi artisti, musicisti, cantanti, che qui non riescono ad emergere. Qui si dice "Cu nesci arrinesci": detesto questo detto, perché presume che per diventare qualcuno tu debba andare via dalla tua terra, per svilupparti come individuo. Io ci credo poco: c'è un potenziale enorme e, purtroppo, tanti soggetti che diventano vere e proprie palle al piede nocive. Le persone intelligenti riconoscono la qualità e cercano di fare promozione a chi, seppur non sia pieno di seguaci, viene ritenuto aver un gran potenziale. Molti, invece, prendono l'artista e lo tirano giù. E' da pazzi: magari conoscono un bravo artista e invece di parlarne bene e promuoverlo, cercano di parlarne male per demolirlo. I talent sono l'apoteosi di persone che vengono spinte e poi, poco dopo, demolite e distrutte dagli altri. E' un peccato, perché abbiamo tanti artisti che successivamente diventano grandi nomi, come Roy Paci, Levante per la Sicilia, o i Negramaro per la Puglia e in genere per il Sud Italia."
  • Perché li demoliamo? 
"Non sono uno psicologo e non penso di avere la verità in tasca, ma probabilmente è un meccanismo di autodifesa: se non valgo "nulla", tendenzialmente, cerco di circondarmi di persone che valgono addirittura meno di me. Nel paese dei ciechi, l'uomo con l'occhio solo è re: ogni essere umano ha la necessità di attirare le attenzioni altrui. E' un processo sociale normalissimo: cerchiamo l'approvazione degli altri. Se un autore è bravo e oltre questo riesce a vendere, questi soggetti cercano di distruggerlo, per "normalizzarlo" e acuire il contrasto. Noi non siamo invidiosi per natura: siamo più "in attesa del nostro momento", quando dovremmo solamente rimboccarci le maniche, talvolta, magari aiutando gli altri, imparando, investendo il nostro tempo.Senza credere che gli altri abbiano la formula magica, il vantaggio in partenza, la "chiamata", la raccomandazione o altre facilitazioni.Invece, spesso, ci si ritrova ad essere divisivi, per tutto. Io credo che ci sia tantissimo potenziale a Catania e in Italia, che la cultura sia una punta di diamante, e che ancora non siamo sempre in grado di apprezzarla per bene, perché abbiamo diffuso questa idea malsana di una cultura associata all'élite, ma la cultura si crea per contrasto."
  • Un esempio di contrasto che verrà proposto al Festival?
"Un esempio è la partecipazione, che qui anticipiamo, di due personaggi apparentemente distanti: Angela Caponnetto e Charlotte M.Angela Caponnetto è una nota giornalista palermitana, da anni in prima linea nel documentare il fenomeno delle migrazioni. Ha seguito numerose missioni nel Mediterraneo e ha realizzato diverse inchieste sul sistema dell’accoglienza in Italia, raccontando i repentini cambiamenti nelle politiche migratorie italiane ed europee.Charlotte M è una talentuosa e giovanissima youtuber - ha solo 12 anni - che fa il suo esordio nelle librerie dopo anni passati ad accumulare centinaia di migliaia di followers e milioni di visualizzazioni su youtube. Ecco, questi incontri, a nostro avviso, possono "fare la storia della cultura": questo contrasto è la nostra carta, la nostra proposta in un ambito in cui, purtroppo, si mortifica, si svilisce, si ragiona a classifiche, a punteggi fittizi, a critiche massacranti. Il nostro è un invito: speriamo venga raccolto da molti catanesi, tanti artisti stanno lavorando in quest'ottica e ne siamo felici."