Cosa c'entrano Chiara Ferragni, il Museo degli Uffizi di Firenze e i poltronari della cultura? Speravamo nulla, ma abbiamo dovuto ricrederci giusto a pochi giorni dalla fine di luglio. Nelle scorse ore ha fatto il giro del Paese la foto di Chiara Ferragni immortalata agli Uffizi e pubblicata sull'account ufficiale del museo fiorentino. Scandalo e indignazione si sono accesi nell'Italia concentrata sui temi importanti! E giù con un profluvio di "Se gli Uffizi hanno bisogno della Ferragni!", "La cultura non c'entra con Instagram" e "Come si è vestita per andare al museo?". E già questo detto ad una delle più famose influencer di moda al mondo, farebbe ridere, ma è più utile andare a fondo nella questione. Piaccia o non piaccia, infatti, abbiamo davanti un'imprenditrice capace di tirare su un ospedale con un paio di storie Instagram (tra lei e il marito), di rilanciare il made in Italy nel settore moda e di portare il tricolore a distinguersi nella nuova imprenditoria, quella digital, che ancora in molti sembrano non aver compreso. Il problema c'è ed è evidente, ma poggia su due punti tanto semplici quanto infidi: da un lato, la mancata capacità di programmare uno storytelling adeguato da parte del Museo, con una comunicazione molto 'anni 90' che grida "prendi il testimonial e lancialo davanti al prodotto"; dall'altro lato, l'incapacità endemica di tanti italiani nel comprendere che esistono anche altri lavori oltre quelli che esistono da più di un secolo. Ed altri ne nasceranno, coniando nuovi linguaggi e forgiando interi nuovi settori: prima d'ora è già successo con la stampa, con la radio, con la televisione, con internet. Bisogna solo essere lungimiranti e pensare che in fin dei conti, la cultura è di tutti, non appannaggio di pochi. Meglio quindi comunicarla con gli strumenti di tutti ed abbattere i tabù da salotto.