“È stata come un’epifania: quando ho visto in televisione, su Sky per la precisione, uno speciale sugli Oscar, ho finalmente capito che avrei voluto scrivere di cinema e diventare una critica cinematografica”. È così che Martina Barone descrive l'inizio di tutto. Ha 22 anni e scrive di cinema ormai già quattro anni. La sua avventura in redazione è iniziata a 18 anni, ma Martina era già ben consapevole di voler fare del cinema il suo mestiere di vita. Un percorso, quello di Martina Barone, in continua evoluzione. Quando era più giovane pensava che si sarebbe dedicata al giornalismo teatrale, essendosi occupata di teatro per molto tempo. La passione per il cinema è sorta in lei molto lentamente, nonostante i vari segnali che le si erano manifestati durante l’infanzia e l’adolescenza. Terminato il liceo, però, era ormai chiaro in lei il desiderio di studiare cinema: per Martina Barone è molto importante approfondire questa arte sotto tutti i punti di vista, e questo è stato possibile grazie alla carriera universitaria da lei intrapresa. Attualmente redattrice presso tre riviste, Martina Barone si occupa di recensioni e video-recensioni, anche per il canale Youtube FilmisNow. “ . Perché hai scelto di studiare cinema all’università?
“Ho scelto di studiare cinema perché non volevo che la mia formazione fosse incompleta. Volevo che la mia passione non rimanesse solo una passione ma diventasse uno studio. Questo, doveva essere accompagnato da una consapevolezza maggiore che passa, necessariamente, per gli ambiti di scambio e di lezione da chi è più preparato di te, da professori e da chi può darti strumenti di conoscenza che possono aiutarti a scegliere il giusto manuale da seguire ed il giusto libro da leggere. Per me era inevitabile, sapendo cosa avrei voluto fare da grande, scegliere questi studi: era l’unica via possibile e l’unica maniera più onesta per me per fare questo nella vita. Credo che chi voglia fare cinema debba avere il coraggio di dire ‘lo voglio fare’, e bisogna essere accompagnati dagli strumenti giusti”.Sappiamo che sei redattrice di tre riviste e che collabori con un canale Youtube: sapresti darci qualche pillolina sul tuo lavoro in redazione?
Attualmente scrivo per Cinematographe.it. Sono stati la svolta: avevo iniziato da poco e mi contattarono - anche loro erano all’inizio - e mi vollero all’interno della rivista. Sono loro che mi hanno dato fiducia e di questo sono veramente riconoscente.È un sito ben informato e sempre aggiornato che offre tantissime news, recensioni ed approfondimenti, che si sta espandendo ancor oggi e sono felicissima di farne parte.Cinematographe si è poi unito a FilmIsNow, il primo canale Youtube di cinema in Italia che cercava una persona per una nuova rubrica. Ho iniziato a curare questa rubrica e mi sono ritrovata in questo mondo che non ho mai veramente cercato o voluto: io nasco sull’online ed adoro scrivere, soprattutto quando parlo di cinema.Nonostante ciò sono consapevole dei tempi, e capisco anche che un critico cinematografico debba inserirsi nel proprio tempo: Youtube è una piattaforma al passo con i tempi, e quindi attraverso questo canale è un modo per esprimersi ed approfondire meglio tematiche sul cinema. Questo amore/odio che provavo inizialmente, poiché si trattava di qualcosa che non volevo e che non avevo cercato, si è intiepidito poiché affascinata da questo nuovo metodo di diffusione.Scrivo anche per WildeItaly, un quotidiano online, su cui anche lì mi occupo di recensioni.Inoltre è da un anno che sono entrata nella redazione di HotCorn: un sito estremamente ‘pop’, soprattutto nella grafica, che mi ha attirato molto. Per restare al passo coi tempi, HotCorn non ha paura di avventurarsi in ambiti meno conosciuti, ma che comunque ruotano sempre attorno al cinema: è come un piglio molto più fresco e molto più snello, molto interessante. Sono sempre grata a chi mi ha dato fiducia, quindi mi sento molto fortunata”. Cosa valuti quando giudichi un film?
“La mia visione della critica sta cambiando e si sta evolvendo, in virtù degli studi che ho intrapreso e dell’ambiente stesso, attraverso i saggi ed i manuali sull’argomento.Credo fermamente che nella critica ci siano dei punti imprescindibili, visibili soprattutto a chi studia cinema, che rendono il giudizio sul film oggettivo.Spesso mi è capitato di lodare un film che non ha incontrato i miei gusti. All’inizio ero molto più dura sull’argomento: mi imponevo con una convinzione che è andata scemando lentamente. Tuttavia, mi sento molto in divenire e sto cercando ancora la mia strada. Cerco di essere solo oggettiva, oppure, lascio che ogni tanto qualche emotività esca filtrata da me.Mi piacerebbe riuscire a far coincidere questa dicotomia.Consiglio molto il libro ‘Elogio della critica’ di Scott, perché mi ha fatto capire che non devo escludere me stessa quando devo essere critica. Devo essere oggettiva, ma non dimenticare comunque i miei gusti: il segreto è mettere questi gusti al servizio dell’oggettività”.Cosa ne pensi dei premi Oscar?
“Credo che gli Oscar siano una grande perentesi, perché si rischia di cadere nel banale: un premio come gli Oscar non significa molto ad oggi, poiché è una questione politica e sociale. Credo vadano studiati con un occhio particolarmente analitico. Se devo parlare da fan, trovo molto antipatico coloro che sminuiscono i premi in sé e chi rimane sveglio tutta la notte per guardare la premiazione in diretta: come fan è bello parlarne, farne ipotesi ed arrabbiarsi lì per lì”. Gli Oscar 2019 secondo Martina Barone
“Non condivido la vittoria di Bohemian Rapdosy per la categoria ‘miglior montaggio’: mi ha devastata.Di Black Panther credo sia un buon film Marvel, una bella favola: un connubio tra fiaba e cinema degli eroi. Ho sempre attaccato la scelta degli Academy di candidarlo, dandogli tutto questo spazio. Quando ti stacchi dalla visione di puro gusto, però, rivaluti il film: perciò credo che i premi ci aiutino a rivalutare l’impatto avuto.Quest’anno il film che ho favorito di più è stato Vice
Anche per quanto riguarda Green Book è affascinante il motivo della sua vittoria: questa politica degli Oscar di voler conciliare il popolare al premio internazionale, la trovo curiosa e soprattutto da analizzare dettagliatamente in un’altra sede. Green Book, è un film che dopo averlo visto è diventato già un ‘classico’: l’Oscar ha solo accentuato la sua posterità. Di Bohemian Rapsody, invece, credo che sia un film superficiale ma non necessariamente da buttare: da vedere tranquillamente con un bravo interprete”. Pensiero rapido sugli imminenti David di Donatello 2019?
“Quest’anno, se devo essere sincera, sono molto più emozionata per i David di Donatello di quanto non lo fossi per gli Oscar. La selezione dei David mi ha esaltato: abbiamo davvero tanto cinema di qualità in tutte le categorie. Avrei qualcosa di bello da dire su ogni titolo. Non c’è uno dei film della cinquina che io non abbia apprezzato nel suo particolare. In questo caso non saprei dire il mio preferito tra i candidati: sarò felice ,qualsiasi film vinca”. Qual è il tuo film preferito e perché?
“Ci sono due film nella mia vita che rimarranno sempre nell’Olimpio del mio amore cinefilo, per motivi che ne escludono le qualità. Il primo è Forrest Gump, ossia quel film che, beccandolo in tv, lo avrei rivisto in qualsiasi momento, dal minuto 1 fino alla fine. Il film mi ha toccato e significa qualcosa per me. Il secondo è Io e Annie di Woody Allen, uno dei miei registi preferiti, poiché mi riconosco tanto in entrambi i personaggi della pellicola: sia nelle caratteristiche di lui che nelle caratteristiche di lei.Vorrei portare l’attenzione, inoltre, su Spielberg: credo che sia uno dei più grandi cineasti della storia. Inoltre, credo che i suoi film abbiano saputo conciliare arte e commercio: una cosa che tutti noi sottovalutiamo molto, ma bisogna ricordare che il cinema nasce come tecnologia e come industria che incontra le grandi narrazioni. Spielberg è colui il quale riesce a conciliare meglio questi elementi”.Quale invece il film che più ti ha deluso?
“È molto difficile rispondere: vi dirò del film di cui ho parlato con moltissime persone. Il film in questione è Collateral Beautuy: ricordo che è stato uno di quei film per cui la gente aveva capito che non mi era piaciuto per niente. Credo che sia scritto male e che abbia sfruttato malissimo i suoi bravissimi attori: non ho apprezzato per nulla il finale”.Che cosa si aspetta Martina Barone dal cinema in futuro?
“Questa è una domanda difficilissima. Credo che le aspettative vengano sempre disilluse al momento. Ritengo che la critica in sé sia sempre portata a giudicare, piuttosto che accorgersi dei cambiamenti inseriti. Io credo che, nel caso del cinema italiano, siamo nel bel mezzo di un cambiamento di cui ci accorgeremo in seguito. La vera speranza è che si riesca a capire che il cinema è un investimento.Il cinema è un’arte relativamente giovane, forse la più giovane.La cosa che più mi affascina è che il potere del cinema che ti porta a pensare che non si possa vedere più nulla di nuovo. Arrivano poi dei nuovi cineasti con storie che ti folgorano, o nuove inquadrature che ti stupiscono. Credo che il cinema abbia la capacità di sorprendere sempre.Dal futuro del cinema mi aspetto di essere sempre sorpresa.