Come noto, nella legge di bilancio per il 2025 è stata prevista, in via sperimentale, l'introduzione di un servizio di supporto psicologico nelle scuole, con una dotazione di 10 milioni di euro per il 2025 e 18,5 milioni a partire dal 2026. A livello regionale, esistono diversi esempi di progetti relativi allo sportello psicologico nelle scuole che sono già attivi da anni. In altre aree, invece, non si riscontra nulla di simile.
Qualche settimana fa avevamo sondato il terreno chiedendo sia le famiglie che ai ragazzi, i diretti interessati, come vedevano questa novità. E la maggior parte (quasi il 90% delle persone intervistate) erano d’accordo a questo supporto a scuola. Molti genitori in particolare nel motivare il loro consenso sottolineava la fragilità dei loro figli e la loro poca voglia di aprirsi, il non sentirsi spesso considerati o la bassa autostima. Insomma, se la scuola può essere un luogo in cui un adolescente può arricchire la propria cultura grazie al lavoro dei docenti, e può essere aiutato a sconfiggere le sue debolezze grazie ai consigli di uno psicologo, che ben venga!
Ma a pensarla diversamente è Paolo Crepet, uno degli psichiatri più conosciuti d’Italia. Negli ultimi giorni hanno fatto molto discutere le sue parole riportate ad alcuni giornalisti: “A scuola gli studenti hanno bisogno di meno psicologi e più poeti che affrontino i grandi temi dell'esistenza, in modo da aiutare chi ascolta a trovare la propria strada. Affermare che i ragazzi siano fragili è un modo astuto degli adulti per nascondere le loro incertezze. Il problema è principalmente nostro; se fossimo meno ansiosi e nevrotici, costantemente presi dalla frenesia di voler fare tutto e di far fare tutto ai nostri figli, loro crescerebbero in modo più sereno”.
Insomma la figura dello psicologo potrebbe forse “alleggerire” il compito educativo dei genitori? Un genitore che sa che il figlio è ascoltato da altri potrebbe tendere a fare meno domande al figlio? O ancora, un ragazzo che si abitua a confidare i suoi problemi ad un estraneo, potrebbe smettere di confidarsi con un familiare?
Secondo Crepet non si può generalizzare: “Dobbiamo smettere di generalizzare quando parliamo dei giovani. È necessario abbandonare il linguaggio generico. Non sono una categoria unitaria, poiché ciascuno è unico. Abbiamo etichettato questa generazione come quella delle aspettative, ma anche nella mia giovinezza avvertivo il peso di tali aspettative. Ciò che è fondamentale sono la creatività, la dignità e la passione che solo i genitori e i nonni possono trasmettere – aggiunge - L'importante non è ciò che si eredita, ma l'insegnamento ricevuto. Se un genitore, con il proprio esempio, dimostra di amare il proprio lavoro, sarà quell'amore a fungere da trampolino verso il successo, indipendentemente dalle condizioni economiche o sociali. I figli sono come delle start-up; necessitano di qualcuno che investa in loro e creda nei loro progetti”.
Che si sia d’accordo o meno sulla figura dello psicologo nelle scuole per i ragazzi, quello che noi di Sudpress ci domandiamo è però un’altra cosa: ha senso concentrarsi solo sui giovani?
Gli insegnanti, le persone che si prendono cura della loro formazione e hanno a che lavorano ogni giorno a stretto contatto con gli studenti, non dovrebbero poter usufruire di questo servizio?
Secondo noi si, ed è grave che finora non sia stato fatto. Per una tutela verso gli insegnanti, i ragazzi e le famiglie. Primo perché un docente di cattivo umore o stressato può influire negativamente sulla serenità della classe, avere atteggiamenti a volte “eccessivi” o non avere lucidità di giudizio. Per quanto ci si possa mettere buona volontà, avere a che fare con i ragazzi non è facile. Se non si è sereni si rischia di fare male il proprio lavoro.
Secondo aspetto, ancora più importante, siamo sicuri che tutti gli insegnanti sappiano fare gli insegnanti?
A scuola spesso si entra tramite concorso pubblico o tramite graduatorie, non ci sono colloqui, non c’è spesso nemmeno una conoscenza dell’insegnante. Basta avere una laurea e si può fare domanda di supplenza, essere chiamati nel weekend ed essere in servizio già da inizio settimana, inserito in una classe senza formazione e preparazione. È normale che un ruolo così importante possa essere ricoperto con così tanta leggerezza?
Secondo noi lo Stato dovrebbe porsi la questione, capire che ci possono essere persone adatte a lavorare con i ragazzi e persone che invece per svariati motivi non sono adatte.
E per capire ciò sarebbe necessario che tutti, prima di entrare in classe, facciano un colloquio con uno psicologo e che lo stesso informi il Dirigente scolastico della personalità dell’insegnante.