Dopo il Covid-19 gli iscritti alle Università Telematiche sono aumentati esponenzialmente. Lo scorso anno Repubblica scriveva di un aumento del 410% rispetto all’epoca pre-pandemia. Un dato che tra l’altro vede la Sicilia al primo posto di studenti “telematici”, seguita dalla Calabria e dalla Campania.
I dati ci dicono anche che con oltre 251.000 iscritti nel 2022/2023, si può osservare un cambiamento sostanziale nel modo in cui gli studenti percepiscono l'istruzione superiore. Il fatto che la percentuale di studenti iscritti a corsi online sia aumentata dal 2,6% al 13,1% in un decennio indica un crescente riconoscimento e accettazione della formazione a distanza.
Inoltre, l'espansione dell'offerta formativa, con un incremento dei corsi di studio da 70 nel 2011 a 250 nel 2024, suggerisce che le Università Telematiche stanno rispondendo alla domanda degli studenti e alle necessità del mercato del lavoro. Questo non solo offre maggiore flessibilità agli studenti, ma consente anche di accedere a un'ampia gamma di discipline e specializzazioni, rendendo l'istruzione superiore più inclusiva e accessibile.
E adesso la questione è arrivata anche nel tavolo della politica. In questi giorni infatti il Ministro dell'Università e della Ricerca Anna Bernini ha firmato il Decreto delle Università Telematiche, un importante punto di svolta che limita e regola lo studio via internet.
Dopo dieci mesi di emendamenti, ordini del giorno, tavoli tecnici e pareri degli organi consultivi come CRUI, CUN, ANVUR e CNSU, è stato raggiunto un compromesso.
L'obiettivo principale, come dichiarato dallo stesso Ministro, è “assicurare che tutti gli studenti ricevano una formazione equivalente, indipendentemente dalle modalità di erogazione dei corsi. Oggi è fondamentale - prosegue la Bernini - che tutte le università riconosciute, sia telematiche che in presenza, rispondano a questa richiesta in modo uniforme, garantendo la qualità dell'offerta formativa. Per questo motivo, abbiamo implementato misure contro le università fantasma che operavano al di fuori della legge, e abbiamo stabilito regole comuni per uniformare l'offerta formativa. Nessun privilegio, nessuno sconto. Formare i professionisti del futuro è il nostro obiettivo primario“.
Tra le principali novità emerge l’obbligo di dedicare almeno il 20% della didattica a modalità non registrate (quindi live), per incentivare un confronto diretto tra studenti e docenti.
Gli esami dovranno svolgersi in presenza, salvo deroghe per situazioni emergenziali temporanee o per studenti con disabilità riconosciuta.
Inoltre, il decreto introduce una revisione del rapporto tra studenti e docenti nei corsi erogati prevalentemente o esclusivamente online, con l’obiettivo di garantire alti standard qualitativi.
Nonostante gli obiettivi ambiziosi non mancano le critiche al decreto, con alcuni rappresentanti del settore che temono alle ripercussioni negative per gli studenti durante il periodo transitorio.
Non è chiaro infatti cosa succeda adesso ad uno studente che ha pagato (anche molto) una retta universitaria per una telematica che ha questo tipo di agevolazioni rispetto ad una università in presenza. Adesso dovrà attenersi alle nuove regole o il decreto varrà solo per i nuovi iscritti?
In linea generale si teme che il continuo ricorso a proroghe possa indebolire l’efficacia delle misure introdotte e che gli atenei meno strutturati sfruttino il tempo supplementare per evitare interventi significativi, ritardando l’effettivo raggiungimento degli standard qualitativi richiesti.
Sarebbe quindi necessario un monitoraggio più rigoroso durante il periodo transitorio.
Ma cosa ne pensano i giovani di questo decreto? Sono d'accordo in una maggiore uniformazione dello studio o in un mondo sempre più virtuale sono scontenti perché le università vanno nella direzione opposta?
Noi di SudLife lo chiederemo nelle prossime settimane e continueremo a monitorare l'argomento.